STORIE DI AMORE NEL TEMPO CHE SCORRE
- cattiveproduzioni
- Feb 17
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Updated: Mar 6
Due chiacchiere al volo con i registi di Henry & Sue, Figlia Unica, Dalla Stessa Parte

Il tempo è un elemento centrale nelle storie d'amore. Le emozioni nascono e possono svanire rapidamente, pur lasciando un segno profondo. In questo articolo, esploreremo come tre cortometraggi del nostro catalogo affrontano la relazione tra amore e tempo, trattando anche il desiderio di connessione e le sfide della vita quotidiana. Sono storie in cui l'amore non ha il lusso di dilungarsi, ma riesce a manifestarsi in tutta la sua intensità.
In Dalla Stessa Parte, una coppia si sforza di vivere il proprio amore nonostante gli impegni di lavoro che limitano ogni momento insieme. In Figlia Unica, una giovane ragazza si confronta con l'incertezza emotiva mentre esplora un'intimità che la spaventa, in un'estate sospesa tra il desiderio e la paura. In Henry & Sue, due giovani vivono un’avventura emotiva dove l’imprevedibilità e il caos diventano il motore di una connessione che sfida ogni aspettativa.
Per capire come hanno scelto di raccontare storie che intrecciano passione, incertezze e il delicato scorrere del tempo, faremo…
🛫 Due chiacchiere al volo con Matteo Cianci (Dalla Stessa Parte):
Il tuo film esplora il contrasto tra 'presenza' e 'assenza' di due innamorati che, pur vivendo insieme, sembrano emotivamente distanti a causa del poco tempo che hanno a disposizione. Cosa ti ha spinto a esplorare questa tematica? E cosa ti interessava principalmente rappresentare, sia visivamente che narrativamente, di questa separazione? Sono profondamente interessato al rapporto che abbiamo con il tempo. L’amore è il sentimento che più ne subisce gli effetti, ed è questo che ha acceso la mia curiosità. Ho voluto puntare una lente d’ingrandimento su quelle crepe invisibili che un rapporto rischia di collezionare nel silenzio della quotidianità. La limitatezza del tempo porta a frustrazioni croniche e l’assenza dell’altro diventa una perdita dilazionata a cui rischiamo di abituarci. In questo caso, la fine del rapporto sarebbe dietro l’angolo. Tuttavia, quando c’è un sentimento autentico, la speranza è che, nonostante tutto, si possa andare avanti, accordando la propria relazione col tempo e con l’altro.
Il conflitto dei tuoi personaggi nasce dal desiderio di costruire una connessione autentica e dalle difficoltà imposte dalla vita quotidiana. Pensi che il contesto sociale, come la pressione del lavoro, possa minare l'autenticità di una relazione in un tempo così limitato? E quanto il formato del cortometraggio, con il suo stesso limite temporale, si è rivelato adatto per raccontare questa tematica?
La società e i suoi imperativi dettano il ritmo delle nostre vite. Pur credendoci liberi e padroni del nostro tempo, siamo in realtà schiacciati dall’andatura frenetica dei nostri giorni. I momenti intimi, fondamenta di un amore assoluto, sono minacciati dall’aggressività del tempo e dal suo potere corrosivo. L’errore è credere che brevità sia sinonimo di intensità: come potremmo mai affidarci all’altro senza farci rassicurare dal tempo? Il formato del cortometraggio ci immerge perfettamente nel conflitto tra amore e tempo. È una lotta impari che richiede un coraggio stoico, un coraggio che solo la tenerezza può infondere.

🛫 Due chiacchiere al volo con Manuel Calisti (Henry & Sue):
Nel tuo cortometraggio, Henry, un ragazzo composto e ordinato, viene trascinato in una notte di avventure fuori dalla sua portata da Sue, una ragazza sognatrice che gli fa vedere le cose da una prospettiva diversa. Com’è nata l'idea di raccontare questa storia e di rappresentare visivamente la differenza caratteriale tra i due attraverso immaginari estetici così distinti? “Henry e Sue” è stato il mio cortometraggio di laurea presso l’Accademia di Belle Arti Di Bologna. Verso fine 2022 mi sono approcciato in modo approfondito alle opere di Wes Anderson e Wong Kar-Wai, studiando e guardando tutte le loro opere. Avevo quindi deciso che la mia tesi avrebbe messo a confronto il modo di fare cinema di questi due registi. Nonostante avessero un modo completamente diverso di raccontare le loro storie ho trovato in entrambi una passione per il medium cinematografico che risuonava in ogni inquadratura, ogni dialogo, ogni scelta. Entrambi, con le loro cifre stilistiche molto marcate, raccontano il mondo che li circonda con un occhio unico che li distingue da chiunque altro. Dovevo raccontare una storia in cui potessi unire questi due stili, ma come farlo non mi era ancora chiaro. Questo fino a quando la notte prima di uno degli ultimi esami che dovevo sostenere per laurearmi, ho ricevuto una chiamata. Era una ragazza che avevo conosciuto pochi giorni prima, che alle tre di notte aveva deciso di invitarmi a mangiare una pizza con lei la notte stessa. Non sono mai stato una persona impulsiva, quindi, senza neanche pensarci, ho declinato l’invito, ma in quel momento qualcosa è scattato. Mi sono chiesto “Se invece ci fossi andato?”. “Cosa succede se due persone completamente opposte passano una nottata insieme?” Era l’incipit perfetto per raccontare due visioni del mondo completamente opposte che potessero anche seguire a grandi linee gli stili completamente opposti dei due registi a cui mi stavo ispirando.
Le dinamiche tra Henry e Sue sono segnate dall’imprevedibilità, che sembra guidare l’evoluzione del loro rapporto. Come ti ha ispirato il concetto di tempo non lineare e di caos - sia emotivo che fisico - nel raccontare la loro relazione, in cui ogni momento sembra essere sospeso eppure pieno di significato?
Dato che il cortometraggio si ispirava molto al modo di fare cinema di Wong Kar-Wai avevo deciso che la cosa che mi importava di più raccontare era una sensazione, un’atmosfera, uno stato d’animo. Per farlo ho deciso di creare delle situazioni e di metterci dentro i miei due personaggi, senza badare troppo a quanto questi fossero collegati l’uno tra l’altro, ma più che altro pensando a come i due si sarebbero comportati e come il loro rapporto si sarebbe potuto evolvere. Questo ha creato anche situazioni surreali, come Sue che riesce a rubare una bicicletta legata con una catena di metallo, o il fatto che i due girino per tutta la notte in giro per la città fino a trovarsi al di fuori di essa sopra ad una collina all’alba. Questo perdersi nei luoghi e nel tempo era importante per me per raccontare solo i due personaggi, come agiscono e come si influenzano nelle loro decisioni. Volevo raccontare di un rapporto umano al di fuori di ogni schema, solo attraverso il loro incontro e la loro visione.

🛫Due chiacchiere al volo con Jonathan Lotto e Domitilla Romanazzo (Figlia Unica):
In Figlia Unica, Lavinia, mentre è a casa con il suo fratellino Elia, vive il conflitto emotivo tra il desiderio di intimità con Giulio, il suo amore estivo, e la paura di perdere il controllo su sé stessa. Cosa vi ha spinto a esplorare questa incertezza emotiva nella loro relazione? E, parlando di incertezze, avete mai avuto dubbi su come trattare questo tema? Com’è stato lavorare insieme in co-regia?
Abbiamo da subito capito che volevamo mettere la protagonista al centro fra due mondi che si presentano per la prima volta, nell’esperienza umana, in adolescenza: quello della responsabilità e quello dell’autodeterminazione. Un’altro punto chiave era la timidezza di Lavinia: come esprimerla meglio se non esplorando la principale fonte di dissidio per una giovane ragazza? Da ciò il tema dell’incertezza collegato a quello amoroso. La labilità del tema non ci ha mai spaventato: le scelte narrative sono state prese già in funzione di un’idea di regia che avrebbe lavorato fortemente sul fuoricampo e sul non detto. I silenzi di Lavinia, i secondi di troppo che la macchina da presa passa a scrutare la sua nuca, i suoi passi incerti hanno dato una dimensione fisica alle sue paure. Il nostro lavoro insieme parte da un’esperienza vissuta durante un’estate a Terracina, da cui la storia: tutto è nato da sensazioni ed emozioni condivise sul posto, oltre che a considerazioni su dinamiche che trovavamo interessanti nel piccolo paesino (ad esempio la presenza di adolescenti romani in vacanza, fonte di brevi amori estivi e infatuazioni per le ragazze di provincia). Poi il lavoro si è evoluto in maniera molto coesa: avevamo le stesse intenzioni, forse proprio a causa della convivenza da cui era nata l’idea. Abbiamo dato grande priorità ai risultati, piuttosto che voler far prevalere l’uno sull’altro la propria idea, e questo ha sempre fatto sì che nascessero soluzioni comuni alle quali nessuno dei due sarebbe arrivato autonomamente. Anche sul set la spartizione dei compiti è venuta molto naturale: dopo gli stop, Jonathan correva da Callum (direttore della fotografia e camera operator) a dare piccoli aggiustamenti di macchina, mentre Domitilla dava subito indicazioni a caldo agli attori.
La relazione tra Lavinia e Giulio è segnato da una sospensione, come se il loro amore dovesse decidersi in un tempo incerto. Come avete lavorato sullo sviluppo di questa storia e in che modo il tempo ‘rubato’ e l'assenza di certezze diventano fattori determinanti nella crescita personale e nella definizione del loro legame?
Più che super-imporre la fugacità del momento agli eventi tramite espedienti come quello della caccia al tesoro (organizzata da Giulio per ottenere un momento privato con Lavinia), questa deriva quasi inversamente più dalla natura della condizione in cui si trovano i protagonisti nell’occasione del corto. La relazione fra i due ragazzi è di certo per sua natura fragile (come sono d’altro canto tutti i rapporti umani in fase adolescenziale), ma il carattere breve e “rubato” del momento d’intimità che i due ragazzi possono concedersi deriva dal fatto che, per ottenerlo, Lavinia debba esimersi dalle proprie responsabilità nel confronti del fratellino con l’inganno e, dunque, tramite un meccanismo scorretto che non le concede di godere della ricompensa che ne ottiene. Chiaramente questo rende la scena ancora più tesa, sottoponendo il personaggio di Lavinia a due fattori: la paura di un’occasione sessuale che sembra essere sempre dietro l’angolo (intensificata dall’atteggiamento provocatorio ma al contempo scostante ed aggressivo di Giulio), ed il timore delle ripercussioni che l’aver isolato Elia avranno sul rapporto fraterno, oltre che il pensiero costante che il bambino possa entrare nella camera da un momento all’altro.

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